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La memoria corta dei ferraristi

I ferraristi, ovvero i tifosi più o meno radicalizzati della Ferrari, ha la memoria corta. Tutti ancora a fantasticare sull’epopea Schumacher senza ricordare quanto tempo ci hanno messo Jean Todt e Michael Schumacher ad arrivare a quello che si può dire il periodo d’oro più recente del Cavallino Rampante.

Jean Todt arrivò a metà stagione del 1993 ed il pilota tedesco nel 1996. Il primo mondiale risale all’anno 2000, ovvero dopo un lungo lavoro di ricostruzione di una struttura sia dal punto di vista umano sia da quello strumentale.

7 anni di ristrutturazione “aziendale” e 5 per l’apoteosi iridata che poi è proseguita per oltre un lustro.

E’ stato anche il periodo delle grandi rivoluzioni nella F.1, ovvero il passaggio tra l’abitudine di effettuare lo sviluppo del materiale tecnico in pista, alla progressive diminuzioni delle stesse sino ad arrivare all’oggi con pochi turni di prove comuni a tutto vantaggio del gran lavoro ai simulatori.

Un passaggio che è stato pagato non poco per la mentalità del lavoro della Ferrari che, ancor oggi, lamenta delle discrepanze tra il dire, ai simulatori, ed il fare che scaturisce in pista. Non c’è anno in cui queste discrepanze non si manifestino in modo palese, anche in questo ultimo periodo.

Vettel di sicuro ci ha messo del suo in alcune occasioni, favorendo la fuga in avanti di Lewis Hamilton che si è ripercossa sul suo lato psicologico di pilota alla rincorsa del 5° titolo iridato lasciato nella mani del pilota inglese, ma alla base del tutto vi è una serie di monoposto che non sono state all’altezza, in assoluto, a fronte della concorrenza, Mercedes, che ha dominato, dal punto di vista della tecnologia, dall’ingresso nell’era ibrida della F.1.