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Carlos Sainz : l’uomo e il pilota

Carlos Sainz Vázquez de Castro Cenamor Rincón Rebollo Virto Moreno de Aranda Mr. Per Urrielagoiria Pérez del Pulgar ha espresso al massimo la sua felicità e l’emozione del momento umano, ieri dopo la gara dominata e vinta, quando lo si è visto abbracciare e baciare il padre che si era intrufolato tra i meccanici della Ferrari affollati attorno alle balaustre della “victory lane”.

Una gioia ed una emozione legata all’uomo, l’umano, oltre che pilota, espressa ancor di più quando ha voluto mostrare pubblicamente la consistente protezione medica anteriore messa sulla pelle e sotto la tuta per sopportare meglio le sollecitazioni tra il ventre e le cinture di sicurezza. A dire la verità una presenza molto ampia a fronte di quanto dovrebbe essere lo spazio interessato da un solo intervento in laparoscopica.

Nel risultato ottenuto ieri si deve parlare molto di più dell’aspetto umano, non del separato in casa, ma di quello che il pilota madrileno ha vissuto giro per giro prestando il massimo della propria attenzione su due “fronti” belligeranti tra di loro.

Quello fisico, di cui non vi era certezza, per cui ha dovuto minuto per minuto acquisire quelle che erano le informazioni che gli provenivano dai sensori corporali, facendo anche un conto alla rovescia a fronte della bandiera a scacchi ben sapendo che ad ogni giro vi sarebbe potuto essere un segnale di allarme che andasse ben oltre al normale “decadimento” psico-fisico che caratterizza tutte le gare di F.1.

Un decadimento legato anche al mancato training tradizionale per preparare una gara che dal secondo giro si è dimostrata essere ben più importante del solito visto che c’era in ballo la possibilità di raggiungere il gradino più alto del podio.

Il riportare alla vittoria una Ferrari con tutto quello che questa tipologia di risultato comporta, non solo a Maranello nell’anno in cui viene obbligato all’addio, ma a tutto il livello d’interesse che riguarda il mondo della F.1.

Lui era in “beata” solitudine come ci ha abituato Verstappen che fatti salvi pochi momenti, durante la gara, sparisce dal “controllo” delle immagini e vi rientra, con il rammarico degli sponsor presenti sulla monoposto, solo in momenti “cardine”.

Nel giorno in cui, molte gare prima a fronte dell’anno passato, si è messo di traverso a fronte dell’opportunità che la Red Bull andasse a dominare tutte e 24 le possibili vittorie in stagione e la cosa avvenisse con una storica doppietta, dimenticata da un paio d’anni.

A corroborare la sua posizione deve aver contribuito anche il programma di squadra che aveva, da subito, messo in chiaro che le posizioni in essere dovevano rimane tali senza che Leclerc portasse a compimento un attacco mirato, si era avvicina a meno di 1″, che poteva mettere in forse un risultato, servito anche su un piatto d’argento per il ritiro di Verstappen.

Oltre a sentire la rispondenza del proprio fisico Sainz doveva prestare il massimo dell’attenzione per capire come rispondesse la propria monoposto, come di tradizione in gara per gara, come si stesse comportando il degrado progressivo delle gomme, come potesse concretizzarsi l’ingresso in pista della Safety car ad annullare il suo vantaggio e quindi metterlo di uovo sotto pressione con gli inseguitori a diretto contatto.

Deve averlo supportato e tranquillizzato il come la squadra dei box ha saputo gestire al meglio, programmandoli al momento giusto i pit stop senza che gli stessi lo potessero mettere in apprensione salvo qualche inconveniente inatteso.

Mentre il fisico doveva dargli i propri allarmi “umani”, parallelamente doveva trasmettere tutte le indicazioni e sensazioni relative al comportamento della SF-24, prestando attenzione ad ogni piccola nota “falsa”, stonata, con un particolare riferimento al comportamento delle gomme, in particolare, andando ben oltre a quelle che sono le informazioni da leggere sul ” visore” al centro del volante e da quanto di riflesso, ma con qualche attimo di ritardo, potesse giungergli dalle informazioni radio dai box.

Come si può intuire un lavoro doppio che ha messo a dura prova più la psiche del pilota che il vero decadimento fisico come si è notato nel momento in cui si è approcciato a scendere dalla monoposto, nella Victory Lane, ed i suoi movimenti, nonché più lenti si sono dimostrati un pò “scoordinati” nella ricerca dei punti d’appoggio tradizionali utilizzati per scendere senza incorrere i problemi per la propria stabilità incerta e senza danneggiare peraltro le parti deboli della carrozzeria.