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Ittrio,europio e itterbio non sono parolacce ma il nuovo grave inquinamento di acque e terreni per avere l’auto “green”

Ittrio, europio, itterbio, neodimio e disprosio non sono parolacce ma il nome scientifico di alcuni dei 14 elementi che sono alla base della rivoluzione verde che riguarda l’auto elettrica, l’illuminazione a led e la “creazione” dell’energia elettrica necessaria per la funzionalità del sistema.

Poi ve ne sono altri, il cui nome è più conosciuto come il rame, platino, argento, oro, cobalto e litio, di cui bisogna aumentare la disponibilità cercando di mantenerne il costo il più basso possibile.

Come? Già ora sfruttando la manodopera di colore e senza l’assoluto rispetto di norme anti inquinamento. Situazione questa ad altissimo livello.

Si tratta di elementi abbastanza rari, per non dire molto rari e secondo degli approfonditi studi pubblicati su Science ed effettuati dall’Università del Sussex, ne risulta un livello di inquinamento di terreni ed acque, per la loro estrazione, che sono paragonabili se non superiori a quelli che sinora hanno interessato l’estrazione dei minerali fossili da combustione.

Secondo le proiezioni attuali, che stimano la proliferazione delle vetture elettriche, da poco più di 1 milione ora in circolazione a quasi 1 miliardo di esemplari per il 2050, tra i 14 elementi più o meno necessari per la quadratura del cerchio dalle batterie ei motori elettrici, la tipologia dell’illuminazione auto, ve ne sono alcuni che dovranno essere “estratti” in quantità di almeno 1000 volte superiori a fronte di quelle attuali.

Molti di questi sono concentrati per percentuali dal 64 al 95% in singoli paesi tra cui il Congo dove la loro estrazione, oggi, è basata sullo sfruttamento del lavoro nero

Per fornire poi l’energia elettrica, necessaria alla sola mobilità verde, ovviamente, sarà necessario posizionare quasi 25 miliardi di nuovi pannelli solari ad alta efficenza, affiancati da 1 miliardo di nuove postazioni per le turbine eoliche.

La sintesi degli studi è quella di iniziare già da ora un recupero sistematico, ad alta percentuale, di questi materiali che sono già da tempo utilizzati nella telefonia mobile, e tutto quanto annesso e connesso con il mondo dei computer. Recupero dall’enorme mole di materiali dismessi e portati nelle discariche.

A tale proposito, sembra quasi ovvio, ma l’Italia sembra essere un fanalino di coda del sistema senza neanche avere un programma o un idea in merito.