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Vince la macchina o il pilota? Il dilemma di sempre nello sport dei motori.

Il costruttore o colui che elabora vetture, “teoricamente” di serie, per trasformarle da competizione ha un solo obiettivo: vincere. Far vincere la propria creatura per dimostrare le proprie capacità tecniche, sviluppare il marchio e trovare clienti disposti ad acquistare il prodotto.

Il concetto con cui Enzo Ferrari fondò la Ferrari: le competizioni dovevano e devono essere la immagine pubblicitaria che deve poi consentire di commercializzare i modelli stradali e quindi generare guadagno.

Lo sviluppo del marchio deve poi essere tale da diventare per prestigio, personalità e prestazioni, indipendente da quelli che sono i risultati sui campi di gara.

Oggi è il caso tipico della Ferrari che negli ultimi 10 anni non ha potuto incasellare nel proprio palmares nessuno dei titoli disponibili nel campionato Fia di F1 ma che sforna modelli quasi inediti a raffica con successi commerciali ed economici che hanno consentito una iper valutazione del titolo azionario in borsa.

Si pensi che in un sol giorno, alla presentazione dei risultati di una trimestrale, vi è stato un azionista “privato” che ha visto il proprio capitale incrementarsi, in 24 ore, di oltre 2 milioni di euro.

Invece nelle gare Fia e non, riservate alle vetture Gran Turismo dove sono impegnate le evoluzioni delle 488 turbo, di derivazione commerciale da quelle che si possono acquistare dai concessionari, avendo i giusti tempi d’attesa, il marchio Ferrari riesce ad ottenere risultati di tutto rilievo sia a livello di costruttore sia di piloti.

In questo settore l’osmosi tra i piloti per cambiare casacca non è così al centro delle cronache mentre, in parallelo si concretizza una seconda giovinezza anche per questi piloti che non sono riusciti ad approdare in F.1 o ne sono dovuti uscire sia per il ridotto numero di volanti disponibili, sia la mancanza dell’indispensabile valigetta piena di milioni di Dollari e/o Euro.

Il discorso nella massima formula è decisamente differente. Tutti i piloti, specialmente se pluri-campioni, ad un certo punto della loro carriera vogliono cimentarsi in nuove attrattive per dimostrare a se stessi, ma sopra tutto allo stuolo dei propri tifosi, che loro sono gli assi portanti di una squadra.

Un concetto che ha sempre contraddistinto i piloti di F1. L’esempio tipico è stato Jean Manuel Fangio che ha vinto i propri titoli iridati utilizzando un caleidoscopio di vetture. In alcuni casi con cambio di casacca in andata e ritorno nella stessa stagione in funzione delle tipologie di tracciati.

Situazione oggi impossibile stanti i ferrei contratti in essere che legano piloti e squadre. Solo in prossimità delle scadenze previste si cominciano ad innescare dei rumors che hanno la non segreta finalità di vedere incrementare il proprio stipendio sia che non si cambi sedile sia che questa sia la vera finalità.