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Hamilton più nero di un cappello da prete

Lewis Hamilton è apparso subito intrattabile nel momento in cui è sceso dalla sua monoposto lasciandola nel 5° posto in scacchiera.

Il pilota autore di una gara “magistrale” e tale da poter anche acquisire un vantaggio su Verstappen, si è trovato, sotto la bandiera a scacchi, con i punti che se ne andavano bellamente nel nulla molto a vantaggio dell’avversario diretto.

Dire che il pluri iridato era più nero di un cappello da prete è il minimo che si possa dire e certe sue considerazioni lasciano intuire che tra lui e la squadra, i tecnici della squadra ai box, non vi è più quel sincronismo che ha caratterizzato il passato per quanto riguarda le scelte per dare a vincere.

Richieste deluse e nello stesso tempo valutazioni personali che lo hanno indotto a prendere delle decisioni quando forse era troppo tardi. Subito dopo essersi “sfogato” è rientrato nei parametri di valutazione per quanto successo da comporre leggendo attentamente tutti i dati. I panni, se sono sporchi, si lavano in casa.

Sino al momento del Pit Stop, in cui ha chiesto il montaggio di gomme click tenere, era stato un autore di prima firma per quanto riguarda la tipologia di gara espressa nel tentativo, andato a vuoto, di arrivare anche a vincere.

E’ ovvio che, se ad alcuni giri dalla fine si fosse messo a tampinare il compagno Bottas, che ha fatto proprio il giro veloce nel finale, per lui la vittoria sarebbe stata una certezza, anche senza ricorrere ai giochetti delle tre carte.

Lui riconosce e si interroga su quella che è stata la sua strategia se avesse proposto certe situazioni, con alcuni giri di “vantaggio”rispetto a quanto è avvenuto ed anche con un maggiore rispetto delle sue richieste visto che era lui a conoscere lo stato effettivo della pista, quali e quante erano le traiettorie in cui si poteva girare con le gomme slick.