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La Modena automobilistica quanto ha da imparare. Non è più una stella ma solo un pianeta. L’insegnano gli organizzatori reggiani della Modena Cento Ore

Ieri gli organizzatori reggiani della Modena Cento Ore hanno fatto concludere la loro manifestazione, partita dal circuito di Monza, in P.za Grande a Modena.

E’ stata, per ora, l’unica manifestazione dedicata alle auto storiche che è approdata in città quest’anno dopo che Modena è stata snobbata da prima dalla Mille Miglia poi dal Trofeo Nuvolari.

Per certi aspetti come dare torto a questi organizzatori quando nell’elenco iscritti già è una rarità trovare un equipaggio italiano, ancor di più lo è poi cercare un equipaggio modenese.

Alla Modena Cento Ore classiche ve ne era uno di cui si sono perse subito le tracce nelle comunicazioni ufficiali.

Le macchine portate in P.za Grande vi sono arrivate dopo aver attraversato la pianura Padana ed avere cavalcato sui contrafforti dell’Appennino con una succosa puntata, dal punto di vista agonistico, in terra toscana.

Questo, come anche quanto avvenuto in altre occasioni, è un monito per quella che si vuole identificare, ancora, come la Città dei Motori.

Modena non è più una stella ma solo un pianeta che vive di luce riflessa.

Il perché è evidentemente da ricercarsi nella scarsa volontà, possibilità e capacità, sopra tutto, di realizzare qualcosa di analogo.

E dire che come dimostrato per numero di iscritti, volutamente limitato dagli organizzatori del trittico Mille Miglia, Trofeo Nuvolari e Modena Cento Ore, vi è un potenziale bacino d’utenti interessati, in particolare dall’estero, a presentarsi al pronti via e quindi dal punto di vista della gestione economica difficilmente il piatto piange.

Quello che bisogna fare è stare fuori dai giri e gestioni degli eventi da parte della politica che ragiona sulle briciole di pane e non sul livello qualitativo, da individuare anche per gli altri soggetti socio economico che non sono in grado di essere attrattivi per loro gestione.