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F1. G.p. del Messico aria rarefatta ad 1/4 a fronte del livello del mare

Città dl Messico: Con i suoi 2300 metri d’altezza il circuito intitolato a fratelli Rodriguez de la Vega è quello che impone delle caratteristiche di lavoro ben precise. Per prima cosa parliamo degli uomini: meccanici, tecnici e piloti che avranno a che fare con una rarefazione dell’aria che fornisce minor ossigeno in fase di respirazione, fermo restando che sul tutto si impone anche un elevatissimo livello di inquinamento. Tutti i movimenti e gli sforzi vanno a creare un maggiore livello d’affaticamento per il corpo umano. Circuito sconsigliato, da frequentare, per chi ha possibili problemi nell’attività cardiaca.

La rarefazione dell’aria garantisce una  maggiore penetrazione delle monoposto, negli anni 60 il velodromo di Città del Messico fu il teatro della conquista di un record mondiale di velocità su bicicletta, ma parallelamente impedisce di avere quel carico aerodinamico considerato ottimale. Da questo nasce la necessità di andare a cercare un carico aerodinamico maggiore per consentire di scaricare sull’asfalto tutta la potenza generata dal motore che, essendo sovralimentato, non patisce più di tanto il problema di un calo di potenza che caratterizza, invece, i motori aspirati.

Le prese d’aria per alimentazione motore, che la Ferrari ha allargato da alcune gare con l’aggiunta di due orecchie laterali alla presa principale, e per il raffreddamento di tutti i componenti dovranno essere adeguate sempre per lo stesso motivo, garantire lo stesso livello d’efficenza che si ha più o meno a livello del mare. Il tracciato ha superato, quasi indenne, la forte attività sismica che ha coinvolto tutto il paese alcuni mesi or sono ed ha superato tutti i livelli d’ispezioni messi in atto dalla Fia per evitare ogni sia pur minimo problema di sicurezza per uomini nel paddock e ai box e per le monoposto in pista.